Le conseguenze della guerra Russo-Ucraina, delle sanzioni applicate dalle potenze della Nato e dall’Unione europea verso Mosca e i contraccolpi di queste sull’economia e sulla finanza occidentale, sono abbondantemente trattate in sede nazionale e coincidono in larga misura con le problematiche locali.
Qui si richiama l’attenzione sugli aspetti che riguardano più da vicino l’economia e le piccole e medie imprese del Friuli Venezia Giulia, così come sono state rilevate dall’osservatorio di CONFAPI FVG, senza porre più di tanto l’accento sull’esponenziale aumento dei costi di approvvigionamento energetico e sui loro riflessi produttivi.
La Russia e l’Ucraina sono tradizionali partner delle piccole e medie imprese regionali in molti settori, sia nell’import che nell’export, e le attuali vicende belliche stanno avendo conseguenze gravissime in entrambe le direttrici: non solo, dunque, negli acquisti delle materie prime e dei semilavorati, interessate da forti variazioni di prezzo e da indisponibilità, ma anche nelle vendite e pagamenti di prodotti finiti. Sotto quest’ultimo profilo per l’industria regionale le maggiori criticità, al momento, possono essere sintetizzate come segue:
- contratti in essere per i quali non sono prevedibili gli sviluppi;
- merci pronte per le spedizioni ferme nei magazzini, specie nel settore del legno-arredo;
- commesse in corso, per le quali sono state già sostenute significative spese difficilmente recuperabili sotto il profilo finanziario;
- rischi di cambio per i contratti in valuta;
- impossibilità di consegna della merce per il blocco dei maggiori porti commerciali ucraini e russi; chiusura degli uffici di armatori a Odessa; chiusura del porto di Novorossiysk in Russia (Caucaso) per tutti i traffici di quell’origine:
- impossibilità per le imprese di programmare l’attività futura in assenza di garanzie nella fornitura di materie prime e semilavorati;
- congelamento delle trattative commerciali in corso;
- mancati incassi a fronte di merci già consegnate in Ucraina “per causa di forza maggiore”;
- mancati incassi a fronte di merci già consegnate contro documenti in Russia per banche poste in black list.
Sul versante delle importazioni i problemi più acuti si hanno nel reperimento di materie prime e semilavorati, per il cui approvvigionamento le imprese regionali non hanno significative alternative da altri Paesi. Qui il problema più grave, nell’immediato, è rappresentato dall’importazione delle bramme. Come si può evidenziare dalle tabelle che seguono l’Italia è il maggior importatore in assoluto di bramme dall’Ucraina nell’ambito dell’Unione europea ed è il terzo dopo il Belgio e la Danimarca, dalla Russia.
Nell’intercambio fra il Friuli Venezia Giulia e l’Ucraina addirittura il 93,90% del valore delle importazioni è occupato dai prodotti siderurgici (non sono disponibili dati disaggregati, ma la larga prevalenza riguarda le bramme). Nell’intercambio con la Russia questa percentuale scende di poco, assestandosi, comunque, all’81,96%. La gran parte delle successive lavorazioni in loco è assorbita da laminatoi regionali, tutti siti a San Giorgio di Nogaro. Solo in misura minore dette lavorazioni sono svolte in altre parti del territorio nazionale (Veneto in primis). Ciò evidenzia quanto importante sia l’import di bramme per l’economia regionale, in quanto le lavorazioni a cascata (laminazioni a caldo e a freddo) finiscono con l’investire importantissimi settori, quali la cantieristica, la carpenteria industriale e produzione di grandi impianti nonché l’hardware della produzione degli elettrodomestici, automotive et c.
Come accennato il cuore del problema non risiede tanto nell’importanza di queste importazioni in sé quanto nella grande difficoltà a sostituirle. Solo in piccolissima parte possono aversi importazioni dal Brasile e dall’India; si sta sondando quali possibilità possano esserci dalla Cina. Il che può portare a riduzioni sostanziali di molte attività industriali di ogni dimensione. La situazione appare particolarmente grave per i laminatoi i quali, nell’impossibilità di sostituire le fonti di questi semilavorati, a brevissimo si troveranno costretti, una volta esaurite le scorte (1 o 2 mesi), a sospendere l’attività.
Si pone un concreto problema per il ricorso, in tali frangenti agli ammortizzatori sociali, prima tra tutte il trattamento di integrazione ordinario (CIGO).
Il D.Lgs. 148 del 2015 e il DM decreto ministeriale del 15 aprile 2016, oltre che la prassi dell’INPS porta a ritenere integrabili le situazioni che, transitorie e non imputabili alla stessa impresa, sono descritte in causali ben definite e tipizzate. Purtroppo fra queste causali non figurano in maniera diretta e precisa quelle riconducibili ad un profilo bellico, le quali per una molteplicità di fattori conducono l’impresa a sospendere o ridurre la propria attività. Per questo motivo si ravvisa l’urgente necessità di garantire la certezza di richiedere le provvidenze della CIGO anche per le situazioni in cui la motivazione della riduzione/sospensione della produzione sia quella di evitare di pregiudicare, con una attività in perdita, la tenuta economica e finanziaria dell’impresa.
Una tale garanzia, potrebbe derivare da un provvedimento normativo ovvero anche solo da una interpretazione “estensiva” da parte dell’INPS, tale da ricomprendere, senza dubbio alcuno, le attuali motivazioni all’interno delle causali codificate.
Tale soluzione oltre a garantire una risposta utile alle imprese e alle maestranze contribuirebbe ad evitare incomprensioni e contenzioni con lo stesso Istituto che si troverà nelle prossime settimane a d affrontare le valutazioni sopra descritte.
Né il Friuli Venezia Giulia né l’Italia possono molto in questo stato di cose. Possono però far presente quali sono gli effetti di una prosecuzione delle ostilità e di una accentuazione delle misure sanzionatorie sulla nostra economia. In generale i numerosi imprenditori intervistati hanno fatto presente questi aspetti:
- vi è una maggiore dipendenza dell’Italia rispetto alle altre “potenze economiche” del G7 e, quindi, una maggiore sensibilità sugli effetti delle sanzioni;
- bisogna distinguere i contraccolpi delle sanzioni applicate dagli effetti delle controsanzioni della Russia;
- non bisogna assumere acriticamente misure proposte o applicate da altre potenze, ma cercare di far sentire la voce italiana e di salvaguardare quanto più possibile gli interessi dell’economia nazionale.
In particolare gli Imprenditori intervistati hanno fatto presente che l’effetto delle sanzioni si ripercuote principalmente sui Paesi europei e solo marginalmente sugli Stati Uniti, che in questo modo possono vincere facilmente la concorrenza europea e indebolirla sui mercati internazionali. Nel momento in cui si scrive la minaccia maggiore è rappresentata dall’insorgente stagflazione per cui si rischia di avere una stagnazione economica e un regresso nelle prospettive di ripresa, contestualmente a un aumento quasi incontrollato dei prezzi. A livello regionale si potrebbe solo pensare di attivare linee di credito, meglio se a tasso agevolato, con il concorso dei confidi per l’acquisto e la formazione di scorte di materie prime.
Udine, 9 marzo 2022