Dal prossimo 1° luglio per i commercianti al minuto e i soggetti assimilati obbligati al rilascio della ricevuta o dello scontrino fiscale scatterà l’ennesimo adempimento burocratico rappresentato dalla trasmissione telematica dei corrispettivi.
Il nuovo adempimento, istituito dal D.L. 119/2018, sarà obbligatorio per i soggetti con volume d’affari superiore a 400.000 euro e dal primo gennaio 2020 per tutti gli altri contribuenti. L’amministrazione finanziaria è così riuscita a trasformare in obbligo ciò che era una facoltà, allineando anche i soggetti che effettuano operazioni al dettaglio alle regole previste dalla fatturazione elettronica.
A questo proposito, gli operatori dovranno acquisire supporti tecnologici digitali che consentano la trasmissione telematica dei corrispettivi, a fronte dei quali sarà riconosciuto un risibile credito d’imposta, anticipato dal fornitore, del 50% con un massimo di 250 euro in caso di acquisto ovvero di 50 euro in caso di adattamento del precedente apparecchio.
Il nuovo adempimento sostituirà la certificazione dei corrispettivi con scontrini o ricevute, ferma restando l’emissione di un documento commerciale e della fattura qualora richiesta.
Per alcune zone il Ministero dello Sviluppo Economico potrà individuare alcune operazioni per le quali si continuerà a certificare i corrispettivi con scontrino o ricevuta.
Per le cessioni di farmaci, inoltre, l’obbligo potrà essere assolto attraverso il sistema di tessera sanitaria, i cui dati potranno essere utilizzati dall’amministrazione finanziaria anche per finalità diverse dalla dichiarazione precompilata.
Si tratta dell’ennesima stangata destinata a colpire in maniera particolarmente pesante soprattutto le piccole realtà produttive e commerciali, per trasferire impropriamente funzioni dell’amministrazione finanziaria, sempre più interessata ad acquisire dati e informazioni in modo da poter sanzionare immediatamente i contribuenti attraverso le procedure di controllo automatizzate. In questi casi, infatti, i controlli vengono eseguiti direttamente dai software incrociando i dati delle varie e numerose banche dati a disposizione dell’Agenzia delle entrate.
Queste verifiche automatizzate segnalano immediatamente i comportamenti omissivi o errati dei contribuenti, ma, è importante sottolinearlo, non riguardano in alcun modo l’evasione fiscale, attenendo a dati comunque dichiarati.
Non serve dire che “la vendita in nero”, che si intende perseguire, è priva di ogni certificazione fiscale e quindi in nessun modo entra nel circolo di comunicazioni da inviare all’amministrazione finanziaria.
Questo sistema consente così di attivare in tempo reale il processo accertativo. La nuova procedura produce come effetto secondario la profilazione, per ogni codice fiscale e quindi per ogni contribuente, delle abitudini relative ai consumi di alimenti, abbigliamento, sport, tempo libero, utilizzo di mezzi pubblici, uso autovettura propria, vacanze, spese sanitarie, abbonamenti, frequentazioni, spostamenti, disponibilità finanziarie, patrimoniali e molto altro ancora.
È probabile che l’amministrazione conosca molte più cose degli stessi contribuenti, con buona pace del più elementare diritto alla privacy.
È di tutta evidenza che quest’ultimo diritto nei confronti dell’amministrazione finanziaria non vale, in ossequio al supremo principio della lotta all’evasione fiscale. Emergono due elementi di criticità.
Il primo è rappresentato dal rischio, se non dalla certezza, che in considerazione dei tempi rapidissimi con cui viene notificato al contribuente l’accertamento, gli sia precluso l’accesso all’istituto del ravvedimento operoso di cui all’art. 13 del D.Lgs. 472/97. Si tratta della possibilità riconosciuta al contribuente che si accorge di aver commesso delle irregolarità fiscali, di regolarizzare la propria posizione beneficiando di un regime sanzionatorio meno punitivo di quello ordinario. Questa possibilità è tuttavia riconosciuta esclusivamente ai contribuenti che non sono ancora stati raggiunti dal relativo provvedimento di accertamento, diversamente questa possibilità è preclusa. L’accelerazione della trasmissione dei dati produce come conseguenza l’invio immediato dell’atto di accertamento al contribuente con addebito delle sanzioni piene, precludendo l’accesso al ravvedimento operoso di cui sopra, ma con un indubbio vantaggio per le casse erariali. Circostanza questa che si verifica sempre più frequentemente considerati anche i numerosi adempimenti, invii e comunicazioni scaricati sulle imprese e loro professionisti che indubbiamente hanno aumentato il rischio di incorrere in errori involontari. Basti pensare solo alle numerose criticità legate all’obbligo della fatturazione elettronica, senza considerare, solo per citarne alcune, le liquidazioni periodiche Iva, lo spesometro, l’esterometro, le dichiarazioni d’intento, gli F24 telematici, eccetera.
Il secondo elemento di criticità è rappresentato dai costi che l’invio telematico dei dati comporta in capo alle imprese. Si tratta di costi sia diretti (acquisti di software, canoni, rinnovi password, professionisti esterni e assistenza tecnica) che indiretti (personale dedicato, blocco rete telematica, linee intasate, perdite di tempo per invii e reinvii per quelli non andati a buon fine). Costi che devono essere moltiplicati per ogni singolo adempimento telematico che ormai interessa ogni azienda con cadenze sempre più serrate. È evidente che questi costi, unitamente al know how tecnologico richiesto, creano delle barriere di entrata economiche, tecnologiche e professionali per qualsiasi nuova iniziativa imprenditoriale.
Chiunque voglia oggi intraprendere una nuova attività imprenditoriale deve considerare, tra software, programmi, aggiornamenti, corsi formativi e consulenti diverse migliaia di euro da spendere ogni anno per adempiere ordinarie attività amministrative che l’Agenzia delle entrate ha talmente complicato da creare una vera e propria barriera d’ingresso. In questo modo si distoglie l’imprenditore di piccole e medie dimensioni da quella che dovrebbe essere la sua principale attività, incrementare le vendite e la redditività dell’azienda. Scaricando su queste ultime, continui costi di burocrazia improduttiva, non si fa altro che erodere il MOL (margine operativo lordo) spingendo fuori dal mercato le piccole realtà produttive che, è bene ricordarlo, rappresentano la spina dorsale del nostro paese. Fino a quando il legislatore non prenderà coscienza di questa situazione e continuerà a legiferare in maniera uniforme nei confronti delle grandi e delle piccole imprese, il processo di declino industriale del nostro paese è tracciato.